E’ l’ora di pranzo del 30 aprile 2009. Sul ponte del Po che collega Piacenza a San Rocco al Porto, in provincia di Lodi, e unisce di fatto due regioni, l’Emilia e la Lombardia, viaggiano come sempre centinaia di auto, moto, scuolabus. E’ una mattinata primaverile di sole ma il grande fiume è in piena per le piogge dei giorni precedenti. Nel giro di qualche secondo accade l’inimmaginabile: una delle campate centrali del viadotto si spezza di netto. Rimane attaccata al resto del ponte sul lato lodigiano mentre su quello piacentino precipita letteralmente in acqua. In quell’istante sono presenti tre auto con altrettante persone a bordo proprio sulla campata crollata. Tutti feriti ma tutti miracolosamente vivi.
Nel giro di qualche minuto la notizia fa il giro d’Italia. Noi cronisti ci precipitiamo sul luogo del disastro e la scena che ci troviamo di fronte ha dell’incredibile: dal piacentino la carreggiata sembra tagliata di netto da una lama e fa un salto di dieci metri nelle acque torbide del Po in piena. Le tre auto sulla campata crollata scivolano lentamente verso il fiume. In poco tempo la macchina dei soccorsi si attiva: elicotteri, ambulanze, autorità. Il traffico impazzisce, la statale 9 è chiusa.
Nei mesi successivi viene gestita l’emergenza viabilità con agevolazioni autostradali per i pendolari e poi con un ponte di barche che collega Piacenza a San Rocco, le cui attività commerciali – come l’Auchan – subiscono danni notevoli.
Dopo un anno l’Anas ricostruisce il ponte, completamente nuovo. C’è un processo in cui anche il Comune di Piacenza si costituisce parte civile; l’accusa parla di incuria nella manutenzione e al banco degli imputati ci sono cinque dirigenti Anas. Tutti assolti: il Tribunale di Lodi stabilisce che il crollo è avvenuto per motivi straordinari e non prevedibili, ovvero la piena. La Procura rinuncia all’appello e la vicenda giudiziaria si chiude.
L’unico che ancora si batte per vie legali è Antonio Rinaldi, macchinista ferroviario, uno degli automobilisti coinvolti nel crollo. Dice che da allora non è più lo stesso, ha dolori che gli hanno rovinato la vita e gli hanno compromesso parte del lavoro. La sua causa civile è ancora in corso.
Andrea Pasquali (IlPiacenza/Citynews, 30 aprile 2017)