La riservatezza malmostosa della provincia italiana ha avuto un innegabile vantaggio: conservare tesori. E l’ha fatto in epoche nelle quali, verosimilmente, quei tesori sarebbero stati sviliti nella migliore delle ipotesi, deturpati nella peggiore. Ora quelle epoche sono tramontate: c’è una diversa consapevolezza, c’è un maggiore controllo, c’è un maggiore potere di denuncia, ci sono milioni di telefonini concepiti per documentare, filmare, fotografare; ci sono i social sui quali sputtanare malefatte e promuovere eccellenze. E c’è maggiore consapevolezza, maggiore attenzione, maggiore cultura. E’ un dato di fatto, al netto dei fiumi di fango che vengono scaricati sul mondo web, di sovente – per carità – a ragion veduta. La funzione conservativa della riservatezza malmostosa, dunque, non serve più, ha perso la sua inconsapevole ragion d’essere. Tuttavia resta presente, poiché è scritta nel codice genetico della provincia, con qualche rara e splendida eccezione.
Ora però è imperativo che la provincia italiana si apra al mondo. Parafrasando il notaio Massimo Toscani, presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, non ha senso che il Paese con più tesori al mondo sia conosciuto urbis et orbis solo per Venezia, Firenze e Roma. Non solo. E lo ripeto perché, da italiano, da amante del bello, della storia, della cultura e dell’arte riconosco in queste tre incredibili città l’insostituibile ruolo di biglietto da visita per eccellenza dell’Italia intera. Ma l’Italia ha molto di più da offrire. E la riservatezza malmostosa delle realtà di provincia ha creato il presupposto favoloso di trasformare meraviglie vecchie di secoli in novità strabilianti ancora tutte da scoprire.
E’ con questo intento nobile e coraggioso che stanno nascendo un po’ ovunque lungo lo Stivale iniziative meritevoli, spesso frutto dell’illuminata collaborazione tra pubblico e privato. Ne segnalo una: Guercino a Piacenza. Due eventi in programma, per l’appunto, a Piacenza dal 4 marzo al 4 giugno, due esperienze interconnesse nel segno del grande artista seicentesco di Cento, Ferrara, il cui pennello ha regalato all’umanità opere straordinarie e ha regalato alla città emiliana, Piacenza, gli affreschi di cui è impreziosita la cupola della Cattedrale.
Due esperienze, dicevo, perché sarebbe ingeneroso liquidarle come mostra e visita. Nei suggestivi ambienti della Cappella Ducale di Palazzo Farnese è ospitata l’esposizione di una ventina di opere del maestro centese con installazioni emozionanti curate da Daniele Benati e Antonella Gigli e con l’opera luminosa di un artista, per l’appunto, della luce: Davide Groppi, designer piacentino da tempo nell’olimpo dei grandi a livello nazionale e internazionale nell’affascinante settore dell’illuminazione. Noi giornalisti – parecchi, arrivati da ogni parte del nord Italia – abbiamo avuto l’onore di sbirciare in anteprima i dipinti esposti che saranno ammirabili a partire dal 4 marzo 2017 sino al 4 giugno.
Un’esperienza, questa della mostra, che non può che essere completata dall’altra in programma: la visita alla cupola affrescata dal Guercino nel cuore del Duomo di Piacenza, a trenta metri d’altezza. E’ il fiore all’occhiello di questo duplice evento. Il visitatore, dopo aver percorso i trecento metri scarsi che separano Palazzo Farnese dalla Cattedrale, momentaneamente distratto dalla modernità delle boutique del centro storico, ripiomba nella Piacenza antica, condotto al cospetto dell’organo dorato, del coro ligneo, poi alle sagrestie superiori (mai aperte al pubblico) nel cui ambiente vagamente misterioso l’antico si fonde al moderno delle installazioni multimediali; e ancora su, arrampicandosi per i cunicoli angusti delle scale medievali, intonse da un millenio, sino ad arrivare a un camminamento in legno nuovo di zecca che conduce al sorprendente affaccio dalla croce ricavata nella facciata del Duomo con vista emozionante su tutta la parte est della città. Infine il pezzo forte: pochi alla volta, ci si incunea nello strettissimo ballatoio appena sotto alla cupola affrescata. L’opera del Guercino a lì a pochi metri. “Guercino da vicino”, il nome scelto per quest’esperienza, prende significato. E se si abbassa lo sguardo, la visuale della navata centrale è davvero notevole.
Ha ragione Toscani, presidente della Fondazione che, con altri, ha impegnato risorse in questo progetto: «L’Italia è anche e soprattutto l’insieme di migliaia di tesori ancora sconosciuti e che meritano di essere conosciuti, ammirati, vissuti».
Per approfondimenti, gallery e video, leggete, guardate e ascoltate il Piacenza.
Per saperne di più su orari, giorni d’apertura e prezzi date un’occhiata al sito ufficiale degli eventi: guercinopiacenza.com